237.
2. Le parole italiane “primo, prima, dapprima, ultimo, ultimamente, da ultimo, solo, solamente, medesimo, medesimamente” e simili, si traducono in latino con un avverbio, ma più spesso con un aggettivo (§ 236, 2). Il caso dell'aggettivo sarà conforme a quello del termine corrispondente espresso o sottinteso. Hoc tu mihi primum dixisti (così tu mi dicesti da prima) e sottinteso, per esempio: postea negasti (poi m'hai detto il contrario); hoc tu mihi primus dixisti (tu mi dicesti questo per primo) e sottinteso: postea frater tuus (poi me l'ha detto tuo fratello); hoc tu mihi primo dixisti (tu lo dicesti prima a me) e sottinteso per esempio: postea fratri tuo (poi lo dicesti a tuo fratello). Sibi ipse omnia licere putat (egli crede che tutto gli sia lecito) e sottinteso ceteri non putant (non così credono gli altri); sibi ipsi omnia licere putat (crede che ogni cosa debba essergli lecita) e sottinteso ceteris non putat (non agli altri).

Homo non sibi se soli natum meminerit, sed patriae, sed amicis. Non egeo medicina; me ipse consolor.


3. Si usano spesso in latino aggettivi esprimenti il luogo e il tempo, massimamente nel grado superlativo, dove in italiano si usa in genere un sostantivo di eguale significato, per esempio: in summo monte (sulla sommità del monte); in media urbe (nel mezzo della città); prima nocte (sul far della notte); prima luce (allo spuntare del giorno); primo die (nel primo giorno); extremo anno (sul finire dell’anno); novissimum agmen (la retroguardia).

4. Come in italiano, così in latino gli aggettivi si adoperano talvolta come sostantivi, per esempio: bonum (il bene); malum (il male); verum (il vero). Aequalis (il coetaneo); adversarius (l'avversario); socius (l'alleato).

Gli aggettivi neutri così adoperati sono quasi tutti della seconda declinazione, specialmente al genitivo, per esempio: nihil boni (nulla di buono); natura iusti et acqui mater est (212, 2, 2.). Quelli della terza non sono quasi adoperati in altri casi che nel nominativo e nell'accusativo, come: turpe (il brutto, il disonesto), i plurali bona, mala, turpia (i beni, i mali o le cose buone, cattive, turpi). Verum o vera dicere (dire il vero, la verità) e non veritatem dicere.

Per indicare persone, la maggior parte degli aggettivi si usano sostantivamente solo al plurale; nel singolare sono accompagnati da un sostantivo, come vir o homo, perciò si dirà docti, anche homines docti (i dotti), ma soltanto homo o vir doctus (un dotto); doctissimi oppure homines doctissimi (i più dotti uomini); homo vere doctus (un vero dotto). E così boni, mali, probi, improbi, prudentes, divites, pauperes; mei, tui, nostri, Stoici, Graeci ecc. Conviene però eccettuare alcuni aggettivi che sono divenuti con l'uso veri sostantivi come: amicus, affinis, aemulus, cognatus, familiaris, necessarius, peregrinus, propinquus, vicinus Ve ne sono ancora alcuni altri che si adoperano sostantivamente anche nel singolare, principalmente nelle contrapposizioni come: plurimum interest inter doctum et rudem (c’è gran differenza fra un dotto e un ignorante).