Misure agrarie e di superficie romane

Le misure agrarie e di superficie hanno in realtà rivestito una grande importanza nel paesaggio di Roma e nella costruzione delle sue città, data l’intensa attività colonizzatrice dell’Impero. Le strade romane, ma anche le divisioni ancora visibili oggi nelle campagne, e le proporzioni delle più diverse realizzazioni architettoniche, sono la fondamentale testimonianza dell’attività e della potenza costruttrice di Roma, in Italia come altrove.

Il piede, proveniente dalla regione greca dell’Attica (Atene), oltre che essere misura di riferimento per le lunghezze universalmente accettata in tutto il mondo Mediterraneo, faceva da riferimento anche per le dimensioni di superficie. La misura più piccola, infatti, era il pes quadratus, che era pari a 0,087 metri quadrati.

Fin dai tempi più antichi l’unità per calcolare le superfici veniva chiamata actus: era costituita dal percorso che riusciva ad arare un solo bue senza essere pungolato. Questa misura venne poi sostituita dallo iugerum, ovvero la quantità di terreno che si era in grado di lavorare con una coppia di bestie e da qui deriva il suo nome, iugum, giogo.

Quando poi le misure vennero stabilite a livello governativo, lo iugerum venne determinato come un quadrato pari a 240 per 120 piedi: corrispondeva a circa 2500 metri quadrati, un quarto di ettaro dei nostri tempi. Era costituito dall’unione di due actus quadrati: quest’ultima misura era stabilita in un quadrato formato da 12 pertiche lineari per ogni lato. Questo perché quando l’actus iniziò ad essere usato come misura di superficie lo iugerum divenne naturalmente il doppio della superficie di questo quadrato.

Era comunque lo iugero l’unità più usata con i suoi multipli: l’heredium, la centuria, il saltus ed infine il versus che era pari a 10.000 piedi quadrati ed era comunque equivalente alla misura del plethron, ufficialmente usato nella Grecia antica.

L’heredium portava questo nome perché rappresentava la minima porzione di terreno che doveva essere destinato agli eredi diretti. Equivaleva a 2 iugeri di superficie, circa la metà di un ettaro. Vi era poi la centuria, costituita da 100 heredia (200 iugeri), pari a circa 50 ettari. La centuria divenne molto importante nella Roma Imperiale, poiché bisognava poter operare in maniera certa ed equivalente nella suddivisione delle parcelle di terra che venivano assegnate ai coloni: di fatto divenne la più antica forma di piano regolatore che dichiarava le sue sacre origini nella fondazione di Roma operata da Romolo.

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La centuriazione era infatti la ripartizione del suolo agricolo e urbano che veniva operata dagli antichi romani per definire la quantità di terra che doveva essere destinata ad ogni centurione dopo una battaglia vincente. L’operazione era connotata da procedimenti precisi e che seguivano riti di propiziazione ben definiti. La divisione in centurie era messa in opera da tre addetti, i Treviri agris dandis adsignandis, i quali, in carica per due, tre o cinque anni, appartenevano alla classe equestre. Successivamente tali incarichi vennero assegnati anche a rappresentanti di classi inferiori e addirittura agli schiavi liberati.

Agli ordini dei Treviri agris lavoravano gli agrimensori, che si occupavano degli aspetti più tecnici. La tradizione voleva che essi tracciassero sui territori da dividere due solchi: il cardo maximus che aveva direzione Nord Sud ed il decumanus, con direzione Est-Ovest.

Questa prima suddivisione in quattro quadrati sembra derivare, secondo alcuni storici, dalla tradizione religiosa etrusca, dalle ripartizioni della volta celeste da questi usate. Nel punto di intersezione fra i due solchi, detto umbilicus, veniva posta una pietra – detta cippus – e da questo punto gli agrimensori, ponendosi ad una distanza di 24 piedi (71 metri circa) tracciavano, uno a fianco dell’altro con l’ausilio della groma, linee parallele (cardi e decumani minori).

La groma, era lo strumento che permetteva di tracciare linee parallele sul terreno. Esso era formato da due braccia a croce, all’estremità delle quali era appeso un filo a piombo. Un sostegno orizzontale fissava la croce ad un’asta di supporto piantata nel terreno. Dopo aver posizionato la groma sull’umbilicus, l’agrimensore stabiliva l’orientamento della centuriazione in base alle condizioni del terreno ed indicava la direzione dei due assi ortogonali portanti, il cardo maximus e il decumanus maximus.

L’agrimensore, posizionato in coincidenza con l’umbilicus con lo sguardo rivolto ad ovest chiamava ultrata tutto ciò che aveva davanti, postica (o citrata) quanto aveva alle spalle, dextera e sinistra quello che vedeva ai due lati. Tuttavia, per ragioni pratiche, l’orientamento degli assi non sempre coincideva con i punti cardinali: spesso seguiva invece la conformazione dei luoghi, anche per assecondare la pendenza del terreno e favorire il deflusso dell’acqua piovana lungo le canalizzazioni di bonifica che venivano tracciate.

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Stessa operazione veniva ripetuta sul decumanus in modo che alla fine risultasse un reticolato di forma quadrangolare che aveva un lato di 2400 piedi (ovvero 710 metri) composto da 100 quadrati ognuno dei quali aveva lato di 24 piedi e superficie pari a 1 heredium cadauno. Il risultato di tutta questa operazione era la centuria, che si estendeva su una superficie di 50 ettari circa. Successivamente venivano tracciati da una parte e dall’altra degli assi iniziali i cardini e i decumani secondari (limite quintarii): erano assi posti paralleli ad intervalli di 100 actus (circa 3,5 chilometri): il territorio risultava così diviso in superfici quadrate chiamate saltus. Il saltus era composto da quattro centurie, ovvero 800 iugeri pari a circa 200 ettari di terreno.

Altre volte il posizionamento dei decumani si basava sull’orientamento di vie di comunicazioni preesistenti, come nel caso della via Emilia, o su altre caratteristiche morfologiche del terreno. In caso di città preesistenti risultavano essere il prolungamento del cardo o del decumano massimo di una città il centro della quale continuava ad essere considerato l’umbilicus della medesima. La centuriazione è comunque tipica di terreni pianeggianti, nonostante siano state documentate anche centuriazioni collinari.

In questo modo vennero delimitati e creati anche città e accampamenti. Le città di Aosta (Augusta Praetoria) e Torino (Augusta Taurinorum) seguono ancora oggi questo schema quadrato romano derivato da un originario accampamento militare. Tra il II sec. a.C, ed il I secolo d.C. i Romani avevano già calcolato gran parte dei territori della penisola e in parte delle aree centuriate la suddivisione del territorio venne impostata seguendo la direttrice dell’asse viario più importante. Per esempio in Emilia la via Aemilia e in Italia settentrionale la via Postumia.

Con la conquista romana della Pianura Padana questo modello trova il suo massimo sviluppo andando ad attuare il più esteso piano di colonizzazione e di suddivisione dell’antichità. Le terre, mano a mano che venivano conquistate venivano rese produttive da una regolare struttura divenendo espressione della politica espansionistica romana tesa a valorizzare le capacità naturali del terreno e amplificarne lo sfruttamento e la portata insediativa a favore dei coloni e di coloro che già l’abitavano. Questa operazione di parcellizzazione veniva fatta anche per questioni puramente ideologiche tra le quali vi era il pieno controllo del territorio grazie alle migliaia di coltivatori e allevatori portati a presidiare il territorio. Questi erano interconnessi tra loro e collegati ai grandi centri urbani da una fitta rete stradale e di vie d’acqua tale da assicurare assoluta efficienza negli spostamenti di uomini, merci e comunicazioni che non aveva pari in tutto il mondo antico. Le terre di frontiera vennero così trasformate in un’imponente macchina produttiva grazie allo spazio sottratto ai boschi e alle paludi che venivano via via bonificate e questo permise, tra il III e il II secolo a.C. di sfruttare a pieno le potenzialità del suolo e contribuire in modo decisivo allo sviluppo economico. L’efficacia di questa politica portò ad un pieno inserimento delle regioni di nuova conquista all’interno dell’apparato statale romano anche attraverso l’integrazione delle genti indigene, cui era comunque riservata una parte del territorio conquistato, nella rete sociale e commerciale che si stava formando, creando così un paesaggio equilibrato nel suo assetto ambientale e così razionale nell’uso da essere sopravvissuto fino ai nostri giorni.

Sottomultipli dello iugerum


Unitàpedes
quadrati
valore
Pes quadratus1876 cm2
Scrupulum o decempeda quadrata1008,76 m2
Actus simplex48042,1 m2
Uncia2400210 m2
Clima3600315 m2
Actus quadratus14.4001262 m2
Iugerum28.8002523 m2

Multipli dello iugerum


Unitàiugeravalore
Heredium25047 m2
Centuria20050,5 ha
Saltus800201,9 ha