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Cornelio Nepote
(✶100≈ a.C. †27≈ a.C.)
Cornelio Nepote (in latino Cornelius Nepos; Hostilia, 100 a.C. circa – Roma, 27 a.C. circa) è stato uno storico romano.
«Non posse bene geri rempublicam multorum imperiis.»
«Non si può governare bene uno Stato sotto il comando di molti.»
(Cornelio Nepote, da Dione, VI)
Poco sappiamo della vita di Cornelio Nepote, la nostra principale fonte è il poeta Ausonio, che però visse nel IV secolo.
Nacque nel 100 a.C. circa a Hostilla (attuale Ostiglia), all'epoca un piccolo villaggio della Gallia Cisalpina vicino al Po e non lontano da Verona, oggi situato nella provincia di Mantova. Le sue origini galliche sono testimoniate da Plinio il vecchio, che lo definì Padi accola, ovvero abitante delle rive del Po.
Si trasferì forse nel 65 a.C. a Roma, dove conobbe personalità della cultura del tempo come Cicerone (con il quale ebbe a lungo rapporti epistolari), Attico, Varrone e Catullo. A differenza di questi fu però estraneo alla vita politica di quegli anni. Ebbe un rapporto particolare con Catullo, il quale gli dedicò il suo Liber di poesie (o più probabilmente una parte): "Cui dono lepidum novum libellum arida modo pumice expolitum? Corneli, tibi...", "A chi dono il mio grazioso libretto, appena levigato con la ruvida pomice? A te, Cornelio... " (Carme 1, 1-2).
Scrisse soprattutto in prosa, ma la sua prima opera, i Chronica, è andata interamente perduta. Ispirandosi ai poetae novi, iniziò a comporre anche dei versi, ma non ebbe i risultati sperati e abbandonò presto questa idea, pur restando fedele alla linea estetica da loro supportata, come appunto suggerirebbe la dedica di Catullo.
La sua fama è legata soprattutto alla raccolta De viris illustribus, della quale resta però solo la sezione sugli antichi condottieri e, isolate, le vite di Catone il censore e di Attico.
Secondo la testimonianza di Plinio il Vecchio, Cornelio Nepote morì, probabilmente a Roma, intorno al 27 a.C., "sotto il principato di Augusto".
Opere
L'esistenza dei Chronica è testimoniata da Catullo, Ausonio e da Aulo Gellio. Da queste testimonianze emerge che l'opera era strutturata in tre libri e che era una sorta di compendio di storia universale, dall'età mitica fino a quella contemporanea a Nepote, forse basato sull'omonima opera del greco Apollodoro. Come detto l'opera andò interamente perduta. Catullo ne dice: "ausus es unus [...] omne aevum tribus explicare chartis doctis [...] et laboriosis", ovvero "Tu solo osasti spiegare tutta la storia in tre libri pieni di cultura e di duro lavoro".
Un'altra sua significativa opera sono gli Exemplorum Libri, una raccolta di episodi aneddotici in cinque libri. Aulo Gellio e Carisio ne testimoniano l'esistenza.
Il De viris illustribus
Il De viris illustribus è una raccolta di biografie in sedici libri ripartiti in sezioni. Ci è pervenuto integralmente solo il libro dedicato ai condottieri stranieri (De excellentibus ducibus exterarum gentium), con le vite di:
- Temistocle
- Aristide
- Pausania
- Cimone
- Lisandro
- Alcibiade
- Trasibulo
- Conone
- Dione
- Ificrate
- Cabria
- Timoteo
- Datame
- Epaminonda
- Pelopida
- Agesilao
- Eumene
- Focione
- Timoleonte
- I Re (successori di Alessandro Magno)
- Amilcare Barca
- Annibale
Inoltre ci sono pervenute anche le vite di due storici romani: Marco Porcio Catone e Tito Pomponio Attico.
L'opera dipende molto dagli storici greci e da fonti spesso consultate troppo superficialmente dall'autore, così che sono presenti diversi errori. A Cornelio Nepote, tuttavia, va il merito di aver saputo costruire, pur non avendo ricreato il contesto storico in cui essi vissero, una serie di personaggi-protagonisti che esprimono le diverse finalità morali dell'autore. Infatti egli, come del resto quasi tutti gli storici latini, scrisse quasi sempre le sue opere per fini morali.
Lo scopo primario dell'opera era dunque quello di delineare tra vizi e virtù un esempio di vita partendo da una serie di personaggi sentiti ancora come esponenti di un grande passato, che l'autore seppe ricostruire a distanza di tempo, quando ormai le rivalità erano attenuate e influenzavano di meno il lavoro del biografo.
Soleva strutturare le biografie in base ad uno schema nel quale trattava: la nascita del personaggio, la famiglia, l'infanzia, l'educazione, i vizi, le virtù e le imprese, senza soffermarsi eccessivamente su queste ultime.
Stile
Lo stile di Cornelio Nepote era piano e lineare, talora molto semplice, nonostante lo scrittore avesse tentato di imitare quello più complesso dell'amico Cicerone. Il linguaggio è talvolta colorito da qualche arcaismo. A differenza di altri autori latini, infine, Nepote adopera frequentemente il comparativo di minoranza: presso i Romani, infatti, si tendeva ad evidenziare più l'abbondare di una qualità che la carenza. L'opera di Nepote non aspira alla ricerca di dati certi quanto ad uno scopo encomiastico di natura pedagogica: i personaggi vengono esaltati più per i loro vizi e virtù che per la loro importanza storica. Talvolta il linguaggio è monotono e le notizie sono schematiche e sommarie.
Lo stile essenziale di questo autore ha fatto sì che, a molti secoli dalla sua morte, egli sia uno degli autori più tradotti da chi si appresta a studiare in Latino, assieme a Cesare, Cicerone, Fedro, Valerio Massimo e Eutropio.
Fonte:Wikipedia, l'enciclopedia libera
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